Ninjababy: una folgorazione di emozione e autenticità

 
 

Rakel è una giovane aspirante fumettista che vive a Oslo dividendo un appartamento con l’amica Ingrid. Come la maggior parte delle ragazze della sua generazione nella società odierna, cerca di sopravvivere all’insicurezza dell’esistenza e dei propri desideri disperdendo tutte le sue energie tra feste, alcol, droga e relazioni brevi e occasionali. Tutto ciò fino a che non scopre con enorme sorpresa di essere al sesto mese di gravidanza, senza più alcuna possibilità di abortire.

Questo è Ninjababy, della regista norvegese quarantanovenne Yngvild Sve Flikke, disponibile su MUBI e Amazon Prime. Passato decisamente in sordina rispetto ad altri prodotti della cosiddetta “generazione MUBI”, come l’ultra osannato Aftersun, questo film rappresenta una folgorazione di emozione e autenticità, seppur utilizzando – e anzi proprio perché usa – il mezzo dell’animazione, attraverso il quale la protagonista esternalizza e comprende il proprio sentire. La creatura che ha dentro di sé, infatti, è proprio Ninjababy, a cui lei fornisce forma, pensieri e parole attraverso il disegno (il film stesso è tratto dalla graphic novel Fallteknikk di Inga Sætre, che è anche una delle sceneggiatrici) e con cui dialoga cercando di venire a capo della situazione.

Rispetto al connazionale La persona peggiore del mondo (Joachim Trier, 2021) – che tratta simili tematiche esistenziali e generazionali femminili con una protagonista più adulta e consapevole delle proprie fragilità – Ninjababy rispecchia il turbinio e la frenesia dell’esistenza di una giovane donna che, non ancora pienamente cosciente di sé stessa e dei suoi desideri, si ritrova costretta ad accogliere una nuova vita che cresce dentro di lei senza che nemmeno lo volesse. E il suo livello di inconsapevolezza è tale da non rendersi conto di essere incinta in un tempo adeguato per poter abortire, a differenza per esempio della protagonista adolescente di Juno (Jason Reitman, 2007), che pur nella sua giovane età decide in tutta coscienza di portare a termine la sua gravidanza indesiderata e dare il bambino in adozione.

Rakel non sa cosa fare e pensa a una serie di soluzioni insieme al suo bebé-fumetto: darlo in adozione a degli sconosciuti o alla sua sorellastra? Tenerlo o affidarlo al padre biologico? E qui entrano in gioco anche le due figure maschili principali del film, Mos e “Minchia Santa”. Se il primo piace a Rakel al punto da sperare che sia lui il padre del bambino, quando scopre che in realtà è il secondo – confusionario, immaturo e inaffidabile più di lei – la già scarsa lucidità della protagonista sembra dissolversi nel disordine delle emozioni e delle contingenze. Nella rete sociale femminile molto forte che circonda e sostiene Rakel, questi due uomini si riveleranno decisivi per la crescita personale della protagonista e nella definizione dei suoi reali desideri. Il tutto in una prospettiva femminista che ribalta i canonici ruoli di genere imposti dalla società che, fortunatamente, stanno cambiando: Nina, aka Ninjababy, alla fine sarà affidata al padre assecondando il suo neonato desiderio di paternità e Rakel raggiungerà la piena consapevolezza di non voler essere madre.

Ninjababy è un film autentico, senza fronzoli, perfetto nella messa in scena di una storia che potrebbe essere quella di chiunque di noi. Una storia disordinata come tutti i suoi protagonisti, che in fondo desiderano solo trovare la propria strada e cavarsela il meglio possibile in questo grande caos che è il mondo: alla fine ce la si può fare solo rispettando sé stessi e i propri valori, anche se questi sembrano andare contro le “regole” della società.

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