Mary & George: la scorrettezza del potere

 
 

Immortale è il fascino dei period drama che, decennio dopo decennio, conservano e acquistano un nutrito pubblico di appassionati: che si tratti di adattamenti di romanzi o di cronache storiche, più o meno fedeli, di prese di potere e dominio di ingombranti dinastie, ciò che accomuna tutti i prodotti seriali è il prolungare e indugiare sui rapporti, sulle alleanze e sui giochi manipolatori che si innescano nelle complesse dinamiche di corte. I Tudor aveva fatto da apripista quasi vent’anni fa, utilizzando l’elemento erotico come tratto distintivo e di rottura che prendeva le distanze dalle rappresentazioni trattenute e idealizzate di corti in cui tutto il torbido veniva nascosto o lasciato all’immaginazione. L’evoluzione del processo di rottura dei canoni ci porta fino a serie quali la recentissima Mary & George, ideata e scritta da D. C. Moore (Killing Eve), disponibile su SKY e NOW.

Mary Villiers (Julianne Moore) è una donna di umili origini e dal passato oscuro che, una volta rimasta vedova, architetta un complesso piano per acquisire potere e prestigio: usare il secondogenito George (Nicholas Galitzine) come arma per avvicinarsi alla schiera di fedelissimi al nuovo re, Giacomo I d’Inghilterra (Tony Curran). Il giovane e ingenuo George diventerà il favorito, nonché l'amante, del sovrano e inizierà la sua scalata sociale.

Siamo davanti a una figura materna mostruosa, senza scrupoli, che non ha paura, anzi prova un recondito piacere, nello sporcarsi le mani di sangue, una donna che ha trasformato quello che dovrebbe essere l’amore per un figlio in un sentimento utilitaristico: George è il biglietto d’oro di Mary verso la grandezza, esattamente come i suoi mariti sono delle ancore di salvataggio per dissimulare e nascondere le proprie azioni criminali.  La vera Mary è quella che dialoga, cospira e passa le notti con la prostituta e amante Sandie (Niamh Algar), che è fatta della sua stessa pasta e senza cui non la farebbe mai franca. George, invece, inconsapevole del suo potere seduttivo, impara solo al fianco del re le regole dei giochi, cresce e si trasforma nel prodotto aberrante della società di corte che lo nutre e lo priva di ogni umanità. Giacomo, infine, è l’incarnazione di un monarca che ha ereditato un onere per lui troppo pesante: incapace di governare, di occuparsi di politica e strategie militari, vorrebbe esclusivamente circondarsi di bellezza e di giovani uomini che possano soddisfare i suoi bisogni sessuali. Siamo nei pressi di una narrazione che ricalca a grandi linee quella de La favorita di Yorgos Lanthimos, seppur in chiave maschile, con l’aggiunta di un estraneo deus ex machina che non abbandona mai la scena. La debolezza del sovrano cresce proporzionalmente alla presa di consapevolezza di George, generatrice di una crudeltà e di un narcisismo che conducono al - doppio - punto di non ritorno.

La scrittura di Mary & George è decisamente intricata nel momento in cui le vicende personali si intrecciano con quelle pubbliche, vagliate e giudicate da una corte famelica che non attende altro che la giusta occasione per farsi avanti, smascherare colpevoli di piccoli o grandi crimini, per ottenere ricompense e maggiore visibilità. Ciò nonostante regna un rigoroso ordine che intreccia e incastra alla perfezione gli elementi narrativi senza mai disorientare lo spettatore. Si percepisce una continua armonia incalzante, interrotta solo dalle scene sessuali, affreschi caravaggeschi di corpi alla ricerca di un piacere estremo. Non vi è però scandalo: il queer, impalcatura e punto di forza della serie, pur essendo una delle centrali chiavi di lettura, non viene rappresentato come un’eccezionalità, come l’elemento dissonante che va sottolineato o esaltato, è piuttosto una condizione del vivere maschile in un mondo in cui le donne sono la copertura di facciata dietro a cui tutto è possibile. Non a caso Mary, forte di questa consapevolezza, ragiona come un uomo, calcola, progetta, e si concede i piaceri della vita, chiede denaro, tratta, cospira.

Ed è così che poco importa se la fedeltà storica viene accantonata, i period drama di intrattenimento insegnano quanto sia più importante il contenuto dell’aderenza, e in un’era in cui la donna sul piccolo schermo deve essere la cattiva magnetica e implacabile, Mary Villiers supera persino la Caterina de Medici di Samantha Morton per il semplice fatto che non si allontana dal qui e ora del suo presente, non si guarda indietro e non vacilla. Lei è la più potente macchina da guerra, instancabile, a cui ribellarsi è possibile solo e se lei ti fa credere che lo sia. George diventa la sua copia in miniatura, meno vigorosa e più sfocata, perché incapace di fermezza e di controllare gli impulsi imprevisti da mettere in conto quando si è attaccati da ogni lato. Intelligente e a tratti scorretta, Mary & George merita quella chance che ultimamente alle serie in costume  non siamo più propensi a concedere.

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