Sesso per amore - Una mamma di mondo

 

Donne coraggiose, orgogliose, di mondo, sono quelle che negli ultimi tempi vengono affidate all’intensa – e sempre in parte – Laure Calamy. Se pensiamo a Sesso per amore - Une femme du monde (I Wonderfull), lungometraggio d’esordio di Céline Ducrocq, nota per la serie L’Opera, ciò che maggiormente emerge è la tenacia, la dignità e la forza di un personaggio femminile che non si giudica, né si lascia giudicare, che va fiera della propria professione.

Marie (Laure Calamy) con orgoglio fa la prostituta a Strasburgo da più di vent’anni, è anche un’attivista che lotta per i diritti della sua categoria. Ha un figlio diciassettenne, Adrien, a cui vuole garantire un futuro migliore del suo iscrivendolo, a seguito di una sospensione, in una prestigiosa scuola dove potrà coronare il suo sogno: diventare chef. La retta scolastica è molto alta, i guadagni di Marie non sono sufficienti, così decide di varcare il confine e andare a lavorare in Germania in un locale notturno.

Non c’è pudore, ma neppure esibizionismo nella messa in scena del sesso che viene normalizzato, reso una mansione quotidiana grazie a cui si percepisce uno stipendio. Marie è una donna libera e limpida, almeno finché non è la vita a forzare le sue azioni, ha un’etica e un estremo rispetto degli altri. Il suo campo di battaglia è quello famigliare, la sua guerra personale consiste nello spronare il figlio adolescente a non accontentarsi della mediocrità, ad essere ambizioso e propositivo. L’essere madre passa per il suo alzare la voce in segno di autorevole ribellione al disinteresse di un ragazzo a cui basta avere un impiego modesto in una tavola calda e che non vuole aver nulla da spartire con un’èlite competitiva e assetata di successo.

La divergenza di vedute è il perno che garantisce dinamismo alla narrazione e che allarga la prospettiva di Marie, coinvolgendo altre donne che, come lei, giungono a compromessi per il bene dei loro cari – le vicende, seppure accennate, dell’eterogeneo popolo femminile del night club sono frammenti di una stessa realtà di rivalsa sull’ingiustizia della vita. Nonostante ciò, il contorno del popolo della notte – lavoratrici e clienti – si annebbia, diventa sfondo di una singola epopea femminile che non concede sufficiente spazio al dipinto di uno spicchio di società che – come raramente accade – viene ripulito da ogni pregiudizio o torbida connotazione denigratoria

Ducrocq, che non ha ben in mente una strada tutta sua, da un lato vorrebbe ispirarsi a un formalismo e ad una denuncia sociale à la Dardenne, dall’altra dare spazio ad un vivo e sfaccettato dramma dagli echi almodovariani: l’esito è un prodotto che narrativamente convince, senza spiccare per profondità, e che esteticamente non va oltre ad una intelligente rivalutazione femminile, proprio perché messa in scena con lo sguardo di una donna. Dove sta, dunque, il valore di Sesso per amore – titolo che smonta l’intera dichiarazione d’intenti dell’originale? Nella potenza, accuratezza e totale immedesimazione di Laure Calamy che gioca con i registri attoriali, che sa essere seducente, ironica e disincantata donna di mondo, ma anche speranzosa, amorevole o sofferente madre single, pronta a rischiare, a rovinarsi e persino a rendersi ridicola per avvicinarsi al cambiamento che, forse, ad essere attenti osservatori, è più vicino di quanto si creda; un germoglio  che ha messo radici nella costanza e nella bruciante passione giovanile espressa sottovoce.

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