Il cigno, Il derattizzatore, Veleno: il leitmotiv animale nei tre corti di Wes Anderson

 
 

Settembre 2023 in Italia è stato il mese di Wes Anderson: nel giro di quattro giorni non solo è uscito nelle sale il suo nuovo lungometraggio (Asteroid City), ma anche ben quattro suoi cortometraggi su Netflix, siglando la prima collaborazione del regista con la piattaforma. L’accavallamento trova le sue ragioni nel ritardo della produzione di Asteroid City, girato in pieno Covid. I corti, ispirati da quattro racconti di Roald Dahl, si sono susseguiti uno dopo l’altro tra il 27 e il 30 settembre. 

Ad aprire la strada è stato La meravigliosa storia di Henry Sugar, in cui un ricco scapolo passa gran parte della sua vita a coltivare un’arte straordinaria per imbrogliare al gioco d’azzardo. Presentato all’inizio del mese alla Mostra del cinema di Venezia, si differenzia dagli altri tre per la sua durata di 40 minuti, contrapposti ai 17 minuti ciascuno degli altri corti. A seguire Il cigno, in cui il protagonista racconta un trauma infantile: quello di essere stato perseguitato da due bulli e costretto a compiere pericolose e crudeli prove di coraggio. Ne Il derattizzatore, poi, un esperto sterminatore di ratti giunge in un piccolo paese e ostenta con i cittadini le sue varie tecniche di annientamento. L’ultimo corto a essere uscito è Veleno, in cui un soldato britannico in India è costretto per ore a rimanere immobile nel letto: un serpente pericoloso si è appisolato sul suo stomaco. L’amico cerca di salvarlo con l’aiuto di un dottore indù. Quest’ultimo è l’unico ad essere stato adattato in precedenza per la tv, comparso in un episodio della serie Alfred Hitchcock presenta nel 1958.

Wes Anderson ha spesso rivelato di essere cresciuto leggendo le storie di Roald Dahl, per questo motivo non sorprende che sia tornato a cercare spunti narrativi nel vasto archivio dello scrittore britannico. Era proprio a partire da un romanzo di Dahl, Furbo, il signor volpe, che la prima prova di bravura di Wes Anderson con il mondo dell’animazione ha dato vita all’apprezzatissimo Fantastic Mr. Fox (2009). 

Le storie scelte da Wes Anderson vengono dai contesti più disparati: quella rimasta chiusa per anni nel “libro delle idee”, quella ispirata da articoli di giornale o da personaggi realmente conosciuti dall’autore. Ma sono gli ultimi tre corti ad avere in comune, oltre alla durata esatta di 17 minuti l’uno, un leitmotiv, nonostante le storie raccontate siano molto diverse tra loro, ambientate in tempi e luoghi differenti. A connetterli tra loro è il tema animale, in diverse sue forme. Se ne Il cigno, l’animale da cui proviene il titolo del corto ha una innocenza e purezza paragonabile a quella del protagonista, ne Il derattizzatore il protagonista prende a poco a poco le somiglianze del roditore che vuole annientare, mentre in Veleno è la minaccia posta dall’animale (in questo caso il serpente velenoso) a far scaturire nel protagonista una reazione bestiale che va a colpire un personaggio innocente. Anche in Fantastic Mr. Fox, Wes Anderson va a svelare gli istinti e i bisogni animali, così simili alla fine a quelli dell’uomo.

A differenza di Fantastic Mr. Fox, questa volta a dare vita ai personaggi così ben descritti dalla penna di Dahl e dalle illustrazioni di Quentin Blake non sarà più soltanto l’animazione, ma saranno anche gli attori, posti nelle sempre creative e ordinate scenografie di Adam Stockhausen, ormai collaboratore di lunga data del regista. La teatralità della messa in scena, solita nei film di Wes Anderson, è qui portata all’estremo: ogni singolo meccanismo della scenografia che dovrebbe portare alla verosimiglianza viene via via smascherato. A spostare gli sfondi e gli oggetti sono i tecnici di scena che irrompono nella scena, se non gli attori stessi. Si sente addirittura il rumore provocato dal dolly su cui è appoggiata la telecamera. Come in una vera e propria compagnia teatrale a ruotarsi le parti sono sempre i soliti attori. A comparire in panni diversi nel corso dei cortometraggi vediamo, tra gli altri, Richard Ayoade, Benedict Cumberbatch, Rupert Friend, Ben Kingsley, Dev Patel e Ralph Fiennes, l’unico a comparire in tutte e quattro le opere. 

Sono presenti parecchie caratteristiche della filmografia di Wes Anderson, come quella di far recitare gli attori sempre con un certo distacco rispetto ai propri personaggi e alle vicende in cui sono coinvolti e il ricorrere allo stratagemma del racconto nel racconto. Lo stile del regista è, come sempre, brillante, geniale e molto presente. Ma la peculiarità di questa sua opera, rispetto ad altre, è che lo stile non prevale sul racconto. Questo è dovuto alla sincera stima di Wes Anderson nei confronti di Roald Dahl, che sta alla base di questi cortometraggi. Il regista non modifica il racconto, bensì mostra e recita tutto quello che c’è scritto, con una continua rottura della quarta parete da parte dei personaggi, che raccontano le vicende al pubblico e, allo stesso tempo, le vivono. Il modo in cui Roald Dahl raccontava le sue storie rimane intatto. Scelta che potrebbe anche avere a che fare con la netta posizione del regista contro l’epurazione dei libri dell’autore inglese, un tema molto caldo al momento. La sinergia di forme espressive solita delle opere di Wes Anderson, ruota perfettamente attorno alle parole dello scrittore, divertendo e stimolando l’immaginazione.

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La meravigliosa storia di Henry Sugar: 40 minuti di pura magia firmati Wes Anderson