Sex Education: la serie teen più amata di Netflix giunge al termine

 
 

La scatola dei fazzoletti si è svuotata, ponendo fine a un lustro importantissimo per la storia del genere teen. Con la sua variopinta utopia sessuale, Sex Education ha alleggerito i cuori dai sensi di colpa, dalla paura del giudizio e dagli infiniti tabù legati ad un argomento ancora estremamente fuori portata per numerose culture. Ha avuto il coraggio di esporsi senza soggezione, senza curarsi di essere accusata di mancanza di decoro o acclamata per la sua sincerità, ma sempre riportando, con una narrazione coinvolgente e leggera, tematiche estremamente delicate riguardanti il percorso di crescita costante nella vita di ognuno. Ha parlato di sesso cambiando le regole della sua rappresentazione su schermo e lo ha fatto calibrando e giustificando ogni singola scena d’intimità, senza mai oggettivarne lo sguardo, offrendola nella sua più autentica umanità.

Ha offerto uno spazio confortevole e sicuro per milioni di adolescenti, laddove il sistema scolastico di diversi paesi ha evitato di affrontare l’argomento. Ma soprattutto, non ha stereotipizzato la dimensione sessuale, considerandola invece nelle sue ampie e articolate sfaccettature, affiancandola sempre all’affettività e alla ricerca di sé stessi. La velocità con cui la percezione del mondo è cambiata in questi cinque anni è impressionante ed è tangibile la volontà da parte della produzione di non rimanere indietro con il coinvolgimento di professionisti del settore: psicologi, sessuologi, coordinatori di intimità e un’immancabile dose di storia orale. Il risultato complessivo è quello di uno dei prodotti più memorabili del catalogo Netflix, un manifesto per la Gen Z ed un esperimento pionieristico di sceneggiatura. 

Entrando nel merito della quarta e ultima stagione della serie, ancora una volta è rilevabile lo sforzo di riportare una casistica quanto più ampia possibile, nella stacanovistica volontà di abbracciare lo spettro delle identità di genere nella loro ampiezza. L’alto rischio in questo tipo di ambizione è quello di toccare svariati argomenti senza poi avere il tempo materiale di approfondirli. L’utopia queer innescata dal gruppo di nuovi personaggi lascia molto spazio alla rappresentanza transgender e non-binaria, decretando la totale eclissi dell’intersessualità e del poliamore all’interno della serie. L’espediente narrativo è risultato ridondante con il personaggio preesistente di Cal, il quale ha avuto un percorso evolutivo più articolato, affrontando molteplici problematiche connesse all’identità non-binary e alla sua transizione attraverso la disforia di genere, il rapporto con la cura ormonale e i costi esosi dell’intervento.

Le new entries divengono dunque un accessorio superfluo, utili solo come spalla per i veterani della serie attraverso alcuni punti in comune, come nel caso della cristianità e dell’identità queer condivisa da Abbie ed Eric, al contempo contraltare del rapporto tra Otis e il suo migliore amico. La non eteronormatività si scontra, dunque, con la sfera religiosa, sollevando il comune problema del rifiuto di accogliere la queerness all’interno delle chiese, motivo sempre più diffuso dell’allontanamento giovanile dal cristianesimo. Il messaggio mandato dalla serie è di speranza, concludendo l’arco narrativo dedicato con una riconciliazione tra le parti, la volontà di Eric di diventare pastore e la devoluzione del denaro raccolto e rifiutato dalla chiesa all’operazione chirurgica di Cal. 

La spiritualità è stato solo uno dei modi per parlare della ricerca di sé, vera chiave di lettura all’interno della serie, la quale ritrova un risvolto sessuale forte nella tematica dell’autoerotismo, che abbraccia trasversalmente le generazioni, dalle più adulte, mostrate nella più totale impreparazione, fino alle più giovani nella loro scoperta e presa di consapevolezza. La masturbazione diventa quindi uno strumento per riappropriarsi dell’arbitrio sul proprio corpo dopo un abuso, come nel caso di Aimee, una conseguenza biologica incontrollabile del testosterone per Cal, un mezzo per sopperire alla mancanza di contatto fisico nella relazione a distanza tra Otis e Maeve. Proprio questa tipologia di relazione rappresenta un’altra zona d’ombra all’interno dell’utopia presentata, che le riserva un trattamento estremamente crudo, nonostante il realismo rappresentativo e narrativo non sia mai stato prioritario per la serie. Nessuna volontà di analizzarne le qualità, d’indagarne meglio le dinamiche o di tentare un compromesso, nonostante sia un argomento di rilievo sempre più grande nel mondo globalizzato e coinvolga i due protagonisti diretti della serie.  

La distanza è stata l’espediente per parlare, però, del ruolo delle tecnologie all’interno delle relazioni contemporanee, includendo il rischio e l’imbarazzo legati al sexting e la pratica dell’online dating, sdoganata anche tra gli adulti, fino alla tossicità che una relazione può assumere attraverso il sentimento di morbosa gelosia, necessità di controllo e possesso attraverso le applicazioni di messaggistica, come quanto esperito da Viv con il suo ragazzo. La serie sensibilizza non solo a riconoscere gli atteggiamenti da red flag, ma anche a tutelarsi dalla toxic positivity esperita da Abbie, la quale tenta di astenersi dal generare commenti negativi sul mondo circostante, inquadrabile come unica vera novità portata dal nuovo cast.

La ricerca di sé si declina, dunque, non solo sul piano sessuale, ma anche su quello dell’educazione emotiva: l’aspirazione alla rinascita è il filo conduttore che lega le vecchie generazioni alle nuove, con l’iconica scena dove Ruby e Michael consumano in solitaria il proprio pranzo in bagno, in attesa di un cambiamento. Aimee ritrova sé stessa nella forza catartica della fotografia, che la aiuta finalmente a bruciare i jeans al centro dell’episodio di molestia subito sull’autobus, trovando inoltre affinità e conforto nella mascolinità sana di Isaac. Altri personaggi ritrovano sé stessi attraverso il contatto con la natura: Cal si isola e smarrisce ai piedi di un dirupo, mentre Adam accetta la sua bisessualità trovando supporto emotivo nella cura dei cavalli e recuperando il rapporto con la famiglia. Il tropo familiare è un altro connettore intergenerazionale della ricerca identitaria, attraverso molteplici episodi di incomunicabilità: la madre di Cal non sa come essere di supporto alla sua disforia di genere, mentre Jackson avverte l’esigenza di conoscere il suo padre biologico e Maeve è combattuta tra il sollievo e il dolore per la perdita di una madre tossicodipendente, cercando a sua volta di spronare il fratello a ritrovare sé stesso e disintossicarsi. Il macro-tema culmina nella depressione post partum di Jean, che, ormai single, tenta un compromesso tra maternità e lavoro, suscitando nuovamente paure in Otis, le quali si ripercuotono sulle sue prestazioni sessuali, temendo il distacco emotivo dopo un rapporto e superandolo successivamente nell’ultima notte di passione con Maeve prima dell’addio. 

Anche le paure sono, dunque, un altro elemento portante della serie. Le molestie infantili subite da Joanna la portano a temere di impegnarsi sentimentalmente, come la fobia del giudizio altrui pesa sull’asessualità repressa di O e sulla pressione accademica di Maeve. La stagione accenna parzialmente anche all’ipocondria, con un focus sulle ansie da castrazione di Jackson, il quale teme che il nodulo rilevato durante un rapporto occasionale possa rivelarsi un tumore alla prostata. Il terrore di una virilità compromessa è ancora una volta al centro della serie, sfatando i miti sul sesso anale per gli uomini eterosessuali, il diritto alla masturbazione nella relazione di coppia e la consapevolezza dell’utilizzo del viagra in età matura.

Come in ogni altra stagione, Sex Education ritaglia uno spazio dedicato all’inclusività di genere e alla diversabilità, mettendo in discussione l’abilismo e riflettendo sull’importanza dell’accessibilità nei luoghi di vita quotidiana come i cinema e le scuole attraverso il personaggio di Aisha e la scena dell’ascensore guasto, che porta Isaac a coinvolgere l’intera comunità studentesca in uno sciopero di protesta in chiave Woodstock.

In una dimensione sospesa tra Eros e Tanatos, è stato possibile vederli sbagliare, rialzarsi e cambiare, con la spontaneità e l’impulsività dei diciassette anni, in un ambizioso mosaico di espressioni e personalità differenti. Nella malinconica brezza autunnale, sulle note di Let It Be, salutiamo per un’ultima volta Otis e il resto del cast nella sua eccezionale coralità, con la consapevolezza che il loro viaggio non è giunto al termine, ma semplicemente iniziato. 

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