The Good Mothers: nel cuore della ‘ndrangheta
Già dai suoi primi minuti si percepisce la volontà di The Good Mothers (Disney Plus, 2023) di essere una serie di livello internazionale, più di tante altre serie italiane recenti ascrivibili sotto l’etichetta di quality TV. La prima vetrina in cui The Good Mothers si è fatta conoscere al mondo è essa stessa internazionale – il Festival di Berlino – dove ha vinto il premio, istituito quest’anno, alla miglior serie televisiva. Infatti, nonostante questo titolo racconti una storia fortemente localizzata, mira ad elevare il suo racconto ad universale, da un lato attraverso il tema, che si presta ad una riflessione femminista più generale, dall’altra attraverso una regia ricca di virtuosismi, caratterizzata dalla ricerca di una costante spettacolarizzazione visiva.
La serie, una coproduzione italo-inglese, è tratta dall’omonimo romanzo del giornalista Alex Perry. Al centro della storia c’è Anna Colace (Barbara Chichiarelli), magistrato che ha l’idea di arrivare al cuore dei principali clan mafiosi della Calabria attraverso le donne che vi fanno parte, convincendo queste ultime a diventare testimoni di giustizia.
Nell’ultimo periodo, con serie quali Bang Bang Baby (2022) e The Bad Guy (2023), entrambe di Amazon Prime, si percepisce la volontà dell’audiovisivo italiano di raccontare la mafia con modalità sempre meno convenzionali, allontanandosi il più possibili dal modello per eccellenza che è Gomorra. Nel caso di The Good Mothers, sicuramente più convenzionale nella forma rispetto ai due titoli citati, questa ricerca di sperimentazione si dà attraverso il punto di vista con cui si racconta la ‘ndrangheta. Il punto di vista scelto è appunto quello delle donne, in maniera non troppo diversa dal recente A Chiara (2021) di Jonas Carpignano.
E anche qui, come nel film di Carpignano, questa ribellione che le donne esercitano contro la ‘ndrangheta diventa da subito metafora di una più generale lotta contro il patriarcato, contro i padri padroni, ma anche contro le madri che alimentano a loro volta quel sistema.
Pur cadendo talvolta in una facile retorica che però non compromette il risultato finale, The Good Mothers si concentra principalmente su tre storie, legate tra loro dal tema femminista e dalla presenza onnisciente del personaggio interpretato da Barbara Chichiarelli. Tramite questo personaggio la serie offre una riflessione non scontata che pone i rappresentanti della giustizia in una posizione non troppo lontana da quella dei padri padroni della ‘ndrangheta. Anche la giustizia, infatti, finisce per esercitare violenza sulle donne protagoniste, elemento che, se da un lato getta una luce ambigua sul personaggio di Anna Colace, dall’altra consente a The Good Mothers di aprire uno spiraglio sulle difficoltà esistenziali che si trovano ad affrontare i testimoni di giustizia.
Da questo punto di vista emerge chiara quella che è l’inclinazione di questa serie, ovvero quella di mostrarsi come una panoramica estremamente dettagliata su come funziona il mondo dei testimoni di giustizia. Col procedere degli episodi si perde un po’ quella tendenza spettacolare che caratterizzava le prime puntate e quel virtuosismo esasperato che elevava decisamente il valore formale della serie. Quando questo elemento viene meno, emerge invece la dimensione più documentaristica di The Good Mothers, forse meno interessante sul piano del linguaggio, ma coerente con la sua origine letteraria.
Il finale dimostra che la vera protagonista e il personaggio su cui la serie punta di più è la Denise interpretata da Gaia Girace, giovane attrice che da L’amica geniale (Rai 1, HBO, 2018 – ) in poi è associata alla serialità di qualità. A partire da quella sua prima esperienza, Gaia Girace ha lavorato sia in Italia che all’estero – addirittura ha recitato in A Future Together, cortometraggio del 2021 di Wim Wenders – e The Good Mothers, costruita per gran parte proprio sul suo personaggio, potrebbe essere l’ennesimo trampolino internazionale per questa neonata diva.