The Perfect Couple: cosa ne direbbe Poirot?
Susanne Bier è una delle registe europee che maggiormente ha saputo farsi strada nell’industria statunitense, arrivando ai grandi divi hollywoodiani e, allo stesso tempo, con la serialità, ad ottenere proposte dalle principali piattaforme. I suoi prodotti sono, però, cambiati nel corso del tempo: non tanto a livello di complessità dell’intreccio, quanto nell’attenzione, sempre minore, al dettaglio. Se già The Undoing agli occhi di molti era risultata una serie dall’epilogo stiracchiato e poco efficace, con la recente The Perfect Couple quello che poteva essere un sentore si è trasformato in realtà, specchio della linea conduttrice dei prodotti targati Netflix.
La borghesissima famiglia Winbury, tenuta unita dalla perfetta coppia di genitori, Greer (Nicole Kidman) e Tag (Liev Schreiber) è riunita sull’isola di Nantucket per la celebrazione del matrimonio di uno dei figli, Benji (Billy Howle), con la semplice e ingenua Amelia (Eve Ewson). A sovvertire il clima di apparente felicità, è il ritrovamento sulla spiaggia del cadavere della testimone della sposa, Merritt (Meghann Fahy).
Nulla è come sembra, nessuno è come appare; questa è la chiave di lettura di The Perfect Couple che minuto dopo minuto smantella ogni labile certezza dello spettatore. Ognuno dei partecipanti al matrimonio ha una buona ragione per aver ucciso Merritt. Un po’ come in un romanzo di Agatha Christie (che non a caso è la grande fonte di ispirazione di Greer che di professione fa la scrittrice), i personaggi vanno studiati ed inquadrati tenendo conto delle loro stranezze, apatie, fragilità e boriose convinzioni; eppure, non vi è alcun Hercule Poirot e neanche Miss Marple, i detective dell’isola brancolano nel buio, e quasi più del pubblico seguono il vento, in qualunque direzione esso soffi, senza mantenere la stabilità. Merritt, che di professione è influencer, era una femme fatale inconsapevole, e allo stesso tempo una delle persone meno interessanti della serie. Viene dunque ribaltato il canone secondo cui il morto ha segreti che si è portato nella tomba: quelli di Merritt sono stati tutti snocciolati alle persone più importanti della sua vita a poche ore dalla morte. Finisce, dunque, sullo sfondo il deceduto cosicché siano gli altri a mostrarsi attraverso il loro squallore e le loro brutture, confessando colpe di cui vanno quasi sempre cinicamente fieri.
Bier, quasi classicamente, conclude ogni episodio con un colpo di scena che aggrava la posizione dei non colpevoli, che, quasi dandosi la mano, hanno intessuto un reticolato di menzogne perfetto, di piccoli gesti o sotterfugi che hanno allontanato Merritt dalla sua possibilità di salvezza. Ciò che potrebbe risultare funzionale soprattutto per puntare sul binge watching, va a scemare con l’avanzare della serie, conclamandosi nella sua distruttiva pochezza dalla metà del sesto e ultimo episodio. Quasi come se mancasse il minutaggio, il budget e la voglia, una serie che si è dilungata sulla piattezza di una superficie che ha bisogno di scosse poderose che generino picchi di adrenalina per evitare l’abbandono, giunge a un epilogo insensato e strampalato, unico tassello inspiegabile di una storia in cui tutto è didascalicamente illustrato. Il girare a vuoto che in The Undoing riportava all’ipotesi iniziale, la sola perseguibile e fondata, in questa nuova serie non porta proprio a nulla: il movente dell’uccisione di Merritt Monaco è a stento messo insieme dallo spettatore che ha prestato molta attenzione alla massa di pretesti raffazzonati e buttati sul tavolo per prendere tempo. Cosa ne direbbe il buon Poirot che di oratoria era un maestro? Ne sarebbe disgustato.
The Perfect Couple, che vede fortificarsi la collaborazione tra Bier e l’instancabile Kidman, punta a un pubblico che cerca il glamour, la “riccanza” e il cinismo. Inganna facendo intendere di essere la sorellina minore di The White Lotus senza mantenere la promessa poiché priva di ironia, politicamente scorretto, appeal e dinamismo visivo. Dello show HBO resta solo Meghann Fahy che dal trovare un cadavere sulla spiaggia, diventa lei stessa quel corpo. L’intuizione glam pop più riuscita è senza dubbio quella dei titoli di testa in cui l’intero cast balla in riva al mare Criminals di Meghan Trainor, donando una preziosa suggestione al pubblico: “Call us Criminals” perché tutti coinvolti ma allo stesso tempo con le mani pulite. Dalla banda di gretti ricchi (e arricchiti) uscirà indenne chi avrà il coraggio di tornare alle proprie origini, lontano da Nantucket, dai soldi, dalla perfezione infrangibile della menzogna.